Santi del 13 Febbraio
*Aimo e Vermondo *Angelo Tancredi *Benigno di Todi *Berengario di Assisi *Castore di Aquitania *Cristina Camozzi *Eustochio Lucrezia Bellini di Padova *Fosca e Santa Maura *Fulcranno di Lodeve *Gilberto di Meaux *Giordano di Sassonia *Giuliana *Gozberto di Osnabruck *Guimerra *Martiniano *Modomnock *Paolo Le-Van-Loc *Paolo Liu Hanzuo *Pietro I *Simeone Stefano *Stefano di Lione *Stefano di Rieti *Una *Altri Santi del giorno *
*Santi Aimo e Vermondo Corio (13 Febbraio)
Il più antico documento intorno ai Ss. Aimo e Vermondo è quello conservato in originale alla biblioteca Trivulziana di Milano, che risale all'incirca al 1357, cui si rifecero coloro che ne scrissero, come il Bascapè, il Bugato, il Morigia, il Ferrari e, da ultimo, l'Agrati, che ne ha pubblicato integralmente il testo latino, dando a fianco la traduzione italiana.
La tradizione li vuole fratelli, conti di Turbigo sul Ticino, dove fondarono il monastero di San Vittore. Sospinti da un branco di cinghiali, mentre cacciavano in luogo solitario, ripararono verso levante, nella regione briantea, dove più tardi sorse l'industriosa cittadina di Meda e dove edificarono una chiesa in onore di San Vittore, alla quale unirono un monastero femminile secondo la regola benedettina.
Sepolti in quella chiesa, la loro tomba fu spesso miracolosa e molti, anche da lontano, ottennero segnalati favori e grazie particolari, onde sorse la fama di santità dei due fondatori, che ancora perdura.
Il 31 maggio 1581 furono venerati da San Carlo e da Federico Borromeo, mentre il card. Ildefonso Schuster fece una ricognizione delle reliquie dei due santi nel 1932, quando si celebrarono in loro onore dei solenni festeggiamenti.
La loro festa ricorre il 13 febbraio.
(Autore: Pietro Gini – Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Santi Aimo e Vermondo Corio, pregate per noi.
*Beato Angelo Tancredi da Rieti - Frate Minore (13 Febbraio)
Il Beato Angelo Tancredi da Rieti fu uno dei primi discepoli di san Francesco, e cioè uno dei primi frati minori.
Angelo Tancredi era un nobile cavaliere, fu il primo cavaliere ad unirsi a Francesco.
Nel 1223 lavorava a Roma, a servizio del cardinale di "Santa Croce in Gerusalemme" Leone Brancaleone.
E proprio in quegli anni Angelo Tancredi conobbe Francesco d'Assisi.
Trascorse con il frate serafico gli ultimi due anni della sua vita.
Angelo assieme ai compagni Leone e Rufino confortò Francesco, mentre stava morendo, cantandogli il Cantico delle Creature.
Con Leone e Rufino egli scrisse la celebre "Leggenda dei tre compagni" e, nel 1246, una lettera da Greccio al ministro generale Crescenzo di Iesi.
Tancredi da Rieti è sepolto vicino alla tomba di Francesco nella cripta della basilica di Assisi.
E lo stesso san Francesco, volendo delineare l'identikit dell'autentico frate minore, così scriveva: «Sarebbe un buon frate minore colui che avesse la cortesia di Angelo, che fu il primo cavaliere entrato nell'Ordine e fu adorno di ogni gentilezza e bontà». (Avvenire)
Il Beato Angelo Tancredi da Rieti fu uno dei primi discepoli di San Francesco, e cioè uno dei primi dodici frati minori. Angelo Tancredi era un nobile cavaliere, fu il primo cavaliere ad unirsi a Francesco. Nel 1223 lavorava a Roma, a servizio del cardinale di “Santa Croce in Gerusalemme” Leone Brancaleone.
Francesco giunse anch'egli al palazzo del cardinale Leone, pensando di rimanere per alcuni giorni, durante il suo ultimo viaggio a Roma, quando Papa Onorio III diede la sua approvazione alla nuova Regola. Angelo preparò una stanzetta per lui in una torre solitaria, ma Francesco vi rimase solo una notte, perché i demoni lo torturarono. Insieme a Bernardo, Leone e Rufino, Angelo Tancredi rimase accanto a Francesco durante gli ultimi due anni della sua vita.
A quel tempo, Francesco era gravemente ammalato, ed Angelo si prese cura di lui come suo "compagno e guardiano". Una volta cucì un pezzo di pelliccia di volpe all'interno del saio di Francesco, per proteggerne dal freddo intenso lo stomaco e la milza, ma Francesco lo obbligò a cucirne un pezzo anche sul lato esterno della tonaca, affinché tutti sapessero che indossava un pò di pelliccia. Mentre il Poverello d’Assisi stava morendo, Angelo e Leone lo confortarono cantandogli il "Cantico delle Creature".
Insieme a Leone e Rufino egli scrisse la celebre "Leggenda dei tre compagni" e, nel 1246, una lettera da Greccio al Ministro Generale Crescenzo di Iesi. Tancredi da Rieti è sepolto vicino alla tomba di Francesco nella cripta della Basilica di San Francesco.
Nel Santuario di Fonte Colombo (nella Valle Santa reatina), vicino al parcheggio troviamo la Cappella dedicata all’Ascensione, edificata nel 700. All’esterno della Cappella possiamo notare delle terrecotte che rappresentano l’invito rivolto dal Poverello d’Assisi a Tancredi di Rieti perché lo seguisse, e la mensa provvista dal Signore per far desinare il medico venuto a Fonte Colombo a curare il Santo. Un altro monumento che ricorda la vita terrena del Baeto Tancredi si trova a Rieti, nel rione San Francesco.
Si tratta del monastero di Santa Chiara, che fu edificato appunto sulla casa del frate Angelo Tancredi. San Francesco, volendo delineare l’identikit dell’autentico frate minore, così scriveva: “sarebbe buon frate minore colui che riunisse in sé la vita e le attitudini dei seguenti santi frati: la fede di Bernardo, la semplicità e purità di Leone…e la cortesia di Angelo, che fu il primo cavaliere entrato nell’Ordine e fu adorno di ogni gentilezza e bontà”.
(Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Beato Angelo Tancredi, pregate per noi.
*San Benigno di Todi “Umbria” – Presbitero e Martire (13 Febbraio)
sec. III-IV
Nacque a Todi. La tradizione ci racconta che fu ordinato sacerdote per la sua rettitudine e la sua bontà, e che affrontò coraggiosamente il martirio durante l’ultima persecuzione di Domiziano e Massimiano. Fu seppellito lungo la strada che conduceva al Vicus Martis, una località che oggi si chiama San Benigno, dove un tempo fu edificato un oratorio e quindi un monastero benedettino.
Etimologia: Benigno = benevolo, disposto al bene, dal latino
Emblema: Palma
Martirologio Romano: A Todi in Umbria, San Benigno, sacerdote e martire.
Tra i 18 Santi col nome di Benigno, il martire commemorato oggi appartiene all'incommensurabile stuolo di vittime dell'ultima cruenta persecuzione anticristiana di Diocleziano e Massimiano, all'inizio del secolo IV.
Scarsissime sono le notizie su questo santo, nato e vissuto a Todi e ivi ordinato sacerdote per la sua bontà e rettitudine.
Affrontò coraggiosamente la tortura e la morte, e il suo corpo, raccolto da mani pietose, ebbe sepoltura lungo la strada che da Todi conduceva al Vicus Martis, in una località che prese il suo nome e dove più tardi sorse un monastero benedettino.
Nel 1904 le sue reliquie vennero collocate nell'altare maggiore della chiesa di San Silvestro, racchiuse in una preziosa urna d'argento, datata 1679. Pur non essendo molto diffuso il suo culto, il ricordo di S. Benigno di Todi fu costante, almeno nella chiesa tudertina.
Degli altri santi con questo nome, tre furono vescovi (i più celebri sono l'irlandese vescovo di Armagh e il ventesimo vescovo di Milano), sei martiri, sei monaci, un sacerdote scozzese e un eremita.
(Autore: Piero Bargellini – Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - San Benigno di Todi, pregate per noi.
*Beato Berengario di Assisi - Mercedario (13 Febbraio)
Predicatore nella città di Granada, Valenza e Murcia, il Beato Berengario di Assisi, spesso visitò gli ergastolani portando loro conforto e la parola del Signore.
Liberò dalle mani dei saraceni 358 schiavi ed infine con tante opere e pieno di meriti nel convento di Santa Maria Guardia Pratorum, raggiunse la corona della gloria.
L’Ordine lo festeggia il 13 febbraio.
(Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Beato Berengario di Assisi, pregate per noi.
*Beata Cristina Camozzi da Spoleto (13 Febbraio)
c. 1432 - 1458
Incerte sono le sue notizie relative alla famiglia (Visconti, Semenzi o Carrozzi) alle vicende della sua vita negli anni precedenti al 1450, momento in cui, per motivi sempre oscuri, abbandonò i luoghi d’origine (Milano o Brescia) per vestire l’abito delle Agostiniane scalze e dedicarsi ad opere di misericordia verso bisognosi e malati.
Morì, forse ventenne, nel 1458 e il suo corpo, sepolto nella chiesa agostiniana di S. Niccolò a Spoleto, divenne subito oggetto di venerazione per le numerose grazie e i miracoli attribuiti alla sua intercessione.
Martirologio Romano: A Spoleto in Umbria, Beata Cristina (Agostina) Camozzi, che, dopo la morte del marito, indulse per qualche tempo alla concupiscenza della carne, per abbracciare poi nell’Ordine secolare di Sant’Agostino una vita di penitenza, dedita alla preghiera e al servizio dei malati e dei poveri.
L'inizio della vita di questa singolare figura di donna può benissimo collocarsi quando intorno al 1450 decise di cambiare vita e, abbandonando la famiglia e i luoghi nei quali aveva vissuto, vestì l’abito delle Agostiniane secolari.
Da quel momento la sua esistenza fu un pellegrinaggio permanente alla ricerca di un luogo ove vivere nell'oblio. Dimorò presso alcuni monasteri agostiniani non rimanendo mai a lungo in nessuno di essi. La vita di preghiera, le mortificazioni, ma soprattutto le opere di misericordia verso i bisognosi, la costringevano ad allontanarsi ogni qual volta si accorgeva che era oggetto di attenzione.
Desiderosa di poter visitare i luoghi santi di Assisi e di Roma, per potersi poi spingere fino alla Terra Santa, in compagnia di un'altra terziaria, giunse a Spoleto dove soggiornò per un breve periodo, dedicandosi alla cura dei malati nell'ospedale cittadino. Dopo aver vissuto intensamente la sua nuova vita per alcuni anni, forse ancora ventenne, morì nel 1458.
Su queste notizie c'è accordo tra gli agiografi. Non così per il tempo precedente alla sua eroica decisione di fuggire dal mondo restando nel mondo, motivo per cui è conosciuta sotto varie denominazioni. Alcuni la ritengono appartenente alla famiglia dei Visconti di Milano o a quella dei Semenzi di Calvisano in Brescia. Per loro la fuga sarebbe stata motivata dal desiderio di liberarsi di quanti la volevano maritare contro i propri desideri e ideali. Altri la presentano col nome di Agostina, nata nei pressi del lago di Lugano verso il 1432-35, figlia del medico Giovanni Carrozzi e sposata ancora fanciulla con un artigiano del luogo.
Rimasta presto vedova, avrebbe avuto una relazione con un cavaliere milanese dalla quale nacque un figlio morto bambino. Risposatasi perse il marito ucciso da un soldato invaghitosi di lei.
Il suo corpo venne sepolto a spese del comune di Spoleto nella chiesa agostiniana di S. Niccolò. Numerose grazie e miracoli attribuiti alla sua intercessione contribuirono ad accrescere e diffondere il culto sorto immediatamente dopo la sua morte, che Gregorio XVI ratificò nel 1834, proclamandola Beata. La sua memoria liturgica ricorre il 13 febbraio.
(Autore: P. Bruno Silvestrini O.S.A. – Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Beata Cristina da Spoleto, pregate per noi.
sec. IV
Martirologio Romano: A Karden lungo la Mosella nel territorio di Treviri, in Germania, San Castore di Aquitania, sacerdote ed eremita.
(Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - San Castore, pregate per noi.
*Beata Eustochio (Lucrezia) Bellini di Padova – Vergine dell'Ordine di San Benedetto (13 Febbraio)
Martirologio Romano: A Padova, Beata Eustochio (Lucrezia) Bellini, Vergine dell’Ordine di San Benedetto.
La sua nascita non fu proprio legittima, Lucrezia Bellini nacque a Padova nel 1444, da una monaca del monastero benedettino di San Prosdocimo e da Bartolomeo Bellini; a quattro anni il demonio s’impadronì del suo corpo, senza toglierle l’uso della ragione, tormentandola praticamente per tutta la vita.
A sette anni fu affidata alle monache di San Prosdocimo che gestivano nel monastero una forma di educandato; la condotta della comunità non era proprio esemplare, ma Lucrezia agli svaghi mondani, preferiva il ritiro, il lavoro e la preghiera, era molto devota alla Madonna, a San Girolamo e a San Luca.
Nel 1460 il vescovo Jacopo Zeno, alla morte della badessa, tentò d’imporre al monastero una maggiore disciplina, ma sia le monache, sia le educande, se ne ritornarono alle proprie case, rimase solo Lucrezia Bellini.
Giunsero allora in sostituzione nel monastero, le Benedettine provenienti dal Convento di Santa Maria della Misericordia, sotto la guida della badessa Giustina da Lazzara. Lucrezia ormai diciottenne, chiese di entrare nel loro Ordine e il 15 gennaio 1461, ebbe il nero abito benedettino, prendendo il nome di Eustochio; il demonio che da qualche tempo la lasciava in pace, si riaffacciò nel suo corpo, costringendola a fare atti contrari alla Regola, facendola addirittura esplodere in atti così chiassosi e violenti, che le consorelle ne furono terrorizzate e dovettero legarla per molti giorni ad una colonna.
Ma la quiete durò poco, dopo che Eustochio fu liberata, la Badessa si ammalò di una strana malattia, fu incolpata lei, quasi considerandola un’ipocrita strega; fu chiusa in una prigione per tre mesi a pane ed acqua.
Ma tutte queste prove non avvilirono la novizia e a chi gli diceva di ritornare nel mondo o cambiare monastero, rispose che tutte quelle tribolazioni erano bene accette e che intendeva espiare la colpa da cui era nata, proprio là dov’era stata commessa; nella sua solitudine si confortava con la recita di un rosario o corona di salmi e preghiere, da lei stessa composte.
Una volta liberata, tornò ad essere tormentata dal demonio, con flagellazioni sanguinose, incontrollabili vomiti e altri strani patimenti che lei sopportava con inossidabile pazienza, ciò convinse le consorelle delle sue virtù e finalmente il 25 marzo 1465 fu ammessa alla professione solenne e come era usanza dell’epoca, due anni dopo gli fu imposto il velo nero delle benedettine.
La sua vita non fu lunga, era stata di grande bellezza ma le possessioni diaboliche, le malattie e le penitenze, l’avevano ormai ridotta ad uno scheletro vivente; gli ultimi anni di vita li trascorse quasi sempre a letto ammalata, assorta nella preghiera e nella meditazione della Passione di Gesù.
Morì il 13 febbraio 1469 a soli 25 anni, la sua fine fu così serena che il suo volto poté riacquistare l’antica bellezza; il demonio poche ore prima l’aveva lasciata finalmente in pace.
Eustochio è l’unico esempio che si conosca di una fedele arrivata alla santità, anche se per tutta la vita fu posseduta dal demonio.
Quattro anni dopo la sua morte, il corpo fu riesumato dal primitivo sepolcro, il quale cominciò a riempirsi d’acqua purissima e miracolosa, che cessò di sorgere solo quando fu soppresso il monastero.
Nel 1475 il corpo fu portato nella chiesa e dal 1720 fu collocato, visibile in un’arca di cristallo. Il monastero di S. Prosdocimo fu soppresso nel 1806 e il corpo della beata benedettina fu traslato nella chiesa di San Pietro sempre in Padova; sopra il marmoreo altare che contiene il suo corpo, sovrasta la pala dipinta del Guglielmi che rappresenta la beata, mentre calpesta il demonio.
Papa Clemente XIII, già vescovo di Padova, confermò il suo culto nel 1760, prima alla città patavina e poi esteso nel 1767 a tutti gli Stati della Repubblica Veneta. La sua festa religiosa, ancora oggi officiata in tutta la diocesi di Padova, è al 13 febbraio.
(Autore: Antonio Borrelli - Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Beata Eustochio Bellini di Padova, pregate per noi.
*Sante Fosca e Maura – Martiri (13 Febbraio)
La storia delle martiri Fosca e Maura, secondo gli agiografi, va collocata durante la persecuzione di Decio, nel III secolo.
Secondo la narrazione di un'antica «passio», la giovane Fosca, figlia di genitori pagani di Ravenna, a quindici anni confidò alla nutrice Maura il desiderio di divenire cristiana. Insieme si recarono dal sacerdote Ermolao che le educò alla fede e le battezzò.
A nulla valsero i tentativi del padre di far recedere la figlia da questo passo. Fosca fu denunciata al prefetto Quinziano, ma gli uomini inviati ad arrestarla la trovarono con un angelo e non riuscirono nel loro intento.
Quindi Fosca e Maura, presentatesi spontaneamente a Quinziano, vennero processate, crudelmente torturate e infine decapitate il 13 febbraio. I loro corpi furono gettati in mare o, secondo altre versioni, rapiti da marinai e trasportati in Tripolitania dove ebbero sepoltura nelle grotte presso Sabratha (oggi Saqratha).
Molti anni più tardi, occupata la regione dagli Arabi, un cristiano di nome Vitale per divina ispirazione riportò le reliquie in Italia, nell'isola di Torcello, nella laguna veneta, dove venne eretta una chiesa in onore delle due martiri. (Avv.)
Etimologia: Fosca = scura, bruna, dal latino
Emblema: Palma
La passio di queste due sante racconta che Fosca, nata da una famiglia pagana di Ravenna, quindicenne si sentì spinta a farsi cristiana. Ne parlò con la nutrice Maura ed insieme si recarono dal prete Ermolao che le istruì e le battezzò. A nulla valsero i tentativi del padre Siroi per indurre la figlia a ritornare alla religione dei padri.
Fosca fu denunziata al prefetto Quinziano, ma gli sgherri inviati ad arrestarla la trovarono con un angelo e non riuscirono nel loro intento.
Quindi Fosca e Maura, presentatesi spontaneamente a Quinziano, vennero processate, crudelmente torturate e infine decapitate il 13 febbraio. I loro corpi furono gettati in mare o rapiti da marinai e trasportati in Tripolitania dove ebbero sepoltura nelle grotte presso Sabratha (od. Saqratha). Molti anni più tardi, occupata la regione da "Derfidi pagani" (gli Arabi), un cristiano di nome Vitale per divina ispirazione riportò le reliquie in Italia, nell'isola di Torcello, nella laguna veneta, dove venne eretta una chiesa in onore delle due martiri.
La passio non offre elementi cronologici, ma gli agiografi posteriori, ratificati dal Martirologio Romano, ritengono che il martirio sia avvenuto durante la persecuzione deciana, supponendo che il prefetto Quinziano sia lo stesso "consularis provinciae Siciliae" da cui fu martirizzata Sant’Agata.
Il Lanzoni ritiene tali Atti non anteriori al sec. XIV e privi di ogni attendibilità: essi ricalcano motivi della passio di Sant'Agata e di quella dei ss. Fermo e Rustico, e non hanno altro scopo che quello di dare un nome ed una storia a delle reliquie di presunti martiri rapite e portate in patria dai naviganti veneziani. Ad ogni modo è assolutamente da escludersi che queste presunte sante possano essere state martirizzate a Ravenna, dove le fonti antiche non conoscono altro martire che Apollinare.
Alcune osservazioni su queste conclusioni del Lanzoni: anzitutto detta passio è sicuramente anteriore al sec. XIV: infatti la riportano due codd. del sec. XIII e, più brevemente, uno addirittura del sec. XII. Che le reliquie poi siano venute a Torcello dall'Africa è confermato anche dai due nomi, Fosca e Maura, usati allora in Italia come aggettivi per indicare individui africani: e questo ci assicura una volta di più che le martiri di cui si credette di trovare le reliquie erano anonime in un primo tempo, e quindi sconosciute.
Per quanto riguarda il rapporto con Ravenna, ritengo che esso abbia un'origine semplicemente "architettonica": la chiesetta di Santa Fosca, che costituisce un gruppo unitario con la basilica e col battistero di Torcello, è il più antico monumento veneto che si ispiri così visibilmente al gusto bizantino ravennate (che divenne poi una delle determinanti di quello veneziano) da potere far pensare con grande probabilità ad un suo architetto proveniente dall'Esarcato. La somiglianza (seppure in scala ridotta) di quel monumento col S. Vitale di Ravenna e la comparsa appunto del nome Vitale nella passio come quello di colui che portò sulla laguna i corpi santi non fa che confermare questa ipotesi. Ora, tale chiesetta è appunto del sec. XII, come la più antica copia della passio.
(Autore: Giovanni Lucchesi – Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Sante Fosca e Maura, pregate per noi.
*San Fulcranno (Fulcrano) di Lodeve – Vescovo (13 Febbraio)
Martirologio Romano:
A Lodève sempre nella Gallia Narbonense, nell’odierna Francia, San Fulcrano, vescovo, insigne nell’amore verso i poveri e nello zelo per il culto divino.
(Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - San Fulcranno di Lodeve, pregate per noi.
*San Gilberto di Meaux – Vescovo (13 Febbraio)
Martirologio Romano: A Meaux nel territorio di Brie in Francia, San Gilberto, vescovo.
Nato nel Vermandois, forse ad Ham, Gilberto era arcidiacono del vescovo di Meaux, Archanrad, quando fu chiamato a sostituirlo nel 995. Egli controfirmò due documenti del re Roberto il Pio: nel 998 in favore di St. Denys e nel 1003 in favore di St. Père di Melun.
Nel 1005 donò al suo capitolo i redditi dell'abbazia di St.-Rigomer, vicino Meaux, partecipando così, da parte sua, a questa importante evoluzione dello statuto canonicale, la cui mensa era ormai sempre più separata da quella del vescovo; nel 1008 prese parte al concilio di Chelles.
Morì il 13 febbraio 1009 (o forse 1015), confortato dalla presenza di due vescovi amici: Leoterico di Sens e Fulberto di Chartres.
Divenne oggetto di culto nella sua cattedrale e le sue reliquie subirono almeno due traslazioni nel 1491 e nel 1545.
Nel 1562 esse furono profanate dagli Ugonotti durante le guerre di religione e ne furono recuperati solo pochi frammenti.
La sua festa si celebra il 13 febbraio nelle diocesi di Soissons e di Meaux.
(Autore: Gérard Mathon – Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - San Gilberto di Meaux, pregate per noi.
*Beato Giordano di Sassonia – Domenicano (13 Febbraio)
Westfalia, 1175/1185 - Attalia, 13 febbraio 1237
Giordano di Sassonia, nato dai Conti di Ebernstein, fu l’immediato successore del glorioso Patriarca Domenico, dal quale ereditò la parola eloquente, la tenerezza del cuore e lo zelo appassionato per portare tutti gli uomini alla conoscenza e all’amore di Gesù Cristo.
Nel 1219, trovandosi a Parigi, già laureato nelle scienze sacre, fu conquistato dalla parola del Beato Padre Domenico, decidendo di vestire l’Abito di Frate Predicatore, il 12 febbraio 1220, mercoledì delle Ceneri, nel Convento di Saint Jacques.
Ma presto Dio chiamò a se il Santo Patriarca Domenico e Padre Giordano, senza più il suo padre e maestro venerato, nel Capitolo del 1222, per l’unanime consenso dei suoi confratelli domenicani, fu chiamato a succedergli.
Martirologio Romano: Vicino a Tolemaide, oggi Akko in Palestina, transito del Beato Giordano di Sassonia, sacerdote dell’Ordine dei Predicatori, che, successore di san Domenico e suo imitatore, propagò con grandissimo impegno l’Ordine e morì in un naufragio.
Nato ca. l'a. 1175 (Aron) o verso il 1185 (Scheeben) a Burgherg presso Dassel (Westfalia), probabilmente da contadini, per le sue eccellenti doti si recò ancor giovane allo Studio parigino. Nel 1218 o prima era magister artium. Nell'estate 1219 incontrò sAN Domenico, di passaggio per Parigi, si confessò da lui e fu da lui esortato a ricevere il diaconato (Liloellus, n. 3).
Dopo qualche mese Giordano decise di farsi domenicano con il suo amico Enrico di Colonia. Già diacono e baccelliere in teologia, chiese l'abito domenicano il 12 febbraio 1220.
Qualche mese più tardi fu scelto quale delegato principale, dopo Matteo di Francia, del convento di Parigi, per assistere al primo capitolo generale dell'Ordine, - da celebrarsi nel maggio 1220 a Bologna.
Rientrato a Parigi riprese l'insegnamento e il ministero. Nel capitolo generale di Bologna del giugno 1221 fu nominato quantunque assente, provinciale della Lombardia, la più rigogliosa provincia del giovane Ordine dei Predicatori.
Questo ufficio affidato a Giordano è il più eloquente riconoscimento delle sue qualità personali e religiose. Da Parigi si mise in viaggio, via Besancon e Losanna, per giungere in Lombardia ove arrivò, come sembra, dopo la morte di San Domenico, avvenuta il 6 agosto 1221. Giordano risiedeva a Bologna, predicava e vigilava su conventi e frati. Lo spiacevole episodio dell'ossessione di un certo fra Bernardo, a Bologna, mosse Giordano ad introdurre il canto della Salve Regina dopo la Compieta; l'episodio risale all'anno 1221 e diede inizio a questa usanza liturgica quotidiana presso i Domenicani.
Nel capitolo tenutosi a Parigi per l'elezione del secondo maestro generale dell'Ordine ed al quale sembra sia stato presente, Giordano fu eletto il 23 maggio 1222.
Nel giugno 1223 installò nel monastero di Sant' Agnese a Bologna Diana d'Andalò e le sue compagne e le vestì dell'abito domenicano.
La rete dei viaggi del Beato si estese anche oltre; luoghi dei capitoli generali celebrati sotto di lui, ora a Bologna ora a Parigi, per visite a varie province. Così Giordano presiedette il primo capitolo della provincia di Germania a Magdeburgo nel settembre del 1227; fu presente alla morte di Enrico di Colonia nell'ottobre 1229; nel gennaio 1230 si trovava a Oxford e forse nel 1232 a Napoli.
Nel maggio 1233 eseguí la traslazione delle spoglie del fondatore dell'Ordine a Bologna. Ma non poté intervenire, per infermità, ai successivi capitoli del 1234 e 1235. Diresse però i capitoli generalissimi di Parigi (1228) e di Bologna (1236). Dopo queste assise visitò la provincia di Terra Santa.
Tornando in Europa, per il naufragio della nave dinanzi alla costa di Pamphilia, presso Attalia, Giordano con i compagni fra Gerardo e fra Giovanni, trovò la morte il 13 febbraio 1237, morte comunicata dal provinciale di Terra Santa, p. Filippo di Reims, ai penitenzieri della curia papale, fra Godefrido e fra Reginaldo, i quali la diffusero per l'Europa. Le tre salme, recuperate e trasportate nella chiesa domenicana ad Acri, furono ivi seppellite. S. Ludgarda ebbe una visione di Giordano in gloria in mezzo agli Apostoli e ai Profeti.
Di intelligenza viva, volontà nobile, cuore generoso e sempre pronto all'aiuto, Giordano ebbe l'arte perfetta di trattare uomini e affari. Egli plasmò piú di ogni altro, dopo il fondatore, lo spirito e la legislazione dei Predicatori. Inoltre fu propagatore felicissimo del suo Ordine, portando le case da trenta a trecento e il numero dei frati da ca. trecento a quattromila. Simpatia e successo particolari incontrò tra gli universitari, sia maestri, sia scolari.
A Parigi, una volta, diede l'abito a sessanta studenti e ad altri ancora a Vercelli, a Padova (Giovanni Buoncambi, Alberto Magno), a Bologna, ecc. Pubblicò le prime costituzioni domenicane; diede impulso al ministero della predicazione in Europa e nelle missioni e all'amministrazione dei sacramenti e tutelò il diritto di sepoltura nelle chiese domenicane. Per ordine di Gregorio IX dovette accettare dal 1231 le nomine di domenicani a inquisitori in Francia, Germania, Lombardia, Toscana, nel regno di Sicilia e in Spagna.
Rapporti spirituali e amministrativi lo legarono ai papi, alla regina Bianca di Francia, a vescovi e pastori d'anime, a dotti come Roberto Grosseteste ed i maestri di Parigi e Bologna, nonché ad anime elette come Enrico di Colonia, le beate Diana e compagne domenicane a Bologna, s. Ludgarda cistercense in Aywières, le benedettine di Oeren-Treviri ed altre.
Il Beato Giordano fu il primo autore domenicano di notevole importanza. Anteriore al suo ingresso nell'Ordine è il Commentarius in Priscianum minorem e la Postilla super Apocalypsim, di quando era ancora baccelliere di teologia. V. inoltre i Sermones. Con il Li/Dellus Monumenta de principiis Ordinis Praedicatorum, Giordano divenne il primo storiografo di s. Domenico e del suo Ordine.
Le epistole dirette a conventi e anime elette, come alla b. Diana d'Andalò e compagne e alle benedettine di Oeren eccellono per stile chiaro ed espressivo senza ricercatezza, per notizie sui viaggi, di carattere amministrativo, religioso, personale e culturale.
La dottrina spirituale prende lo spunto dalla salda fede nella vita eterna, attraverso la conformità con Cristo, la prudenza delle mortificazioni, con cenni a Maria, a San Domenico, alla Chiesa e al Papa. L'Oratio ad S. Dominicum, la riafferma.
Dopo la sepoltura nella chiesa d'Acri, Giordano ebbe venerazione anche da parte musulmana. Gerardo di Frachet nelle Vitae fratrum (1259-60), dopo il libro su San Domenico, consacra un libro intero al "santo e degno di memoria padre nostro frate Jordano".
Tommaso da Modena a Treviso (1352 ca.) e Giovanni da Fiesole dipingono la bella figura del Beato Giordano, quest'ultimo nella Crocifissione delicapitolo di S. Marco a Firenze, seguiti dagli alberi genealogici dei secoli XV, XVI e XVII, dal, l'affresco di Federico Pacher (m. 1494) a Bolzano e dalle immagini del Klauber, Danzas, Bioller, van Bergen.
Grande lode gli dedica il cronista Giovanni Meyer (1466) terminante nella frase: "pater gloriosis coruscat miraculis et multis multa beneficia praestat".
Leone XII, il 10 maggio 1826, ne confermò il culto. La festa si celebra nell'Ordine Dominicano il 14 febbraio, nell'Ordine Teutonico il 13 febbraio.
(Autore: Angelo Walz – Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Beato Giordano di Sassonia, pregate per noi.
*Santa Giuliana - Laica venerata a Torino (13 Febbraio)
La figura di questa Santa compare nelle vicende di alcuni Santi piemontesi, nonostante non esistano prove documentarie o archeologiche che consentano di conoscerne nei particolari la vicenda umana.
La sua persona emerge, infatti, più come quella simbolica della donna timorata di Dio, coraggiosa seppellitrice dei martiri e amorosa educatrice di futuri ecclesiastici, che non come quella di un personaggio dalle coordinate storiche spazio – temporali ben definite.
Nella passio dei Santi martiri torinesi Avventore, Solutore ed Ottavio, Giuliana è presentata come una pia matrona cristiana di Ivrea che, avendo scoperto il corpo di Solutore, martirizzato sulla riva della Dora Riparia, lo trasporta a Torino per deporlo accanto a quello dei suoi due compagni uccisi in città, sul luogo fa edificare una memoria presso la quale anch’essa venne poi sepolta.
É chiaro che in questo racconto la vicenda di Giuliana è inserita in un topos agiografico assai ricorrente: quello della donna coraggiosa che con i suoi mezzi procede all’onorevole sepoltura di coloro che hanno testimoniato la fede cristiana col sacrificio della propria vita.
Alla Santa gli agiografi medievali attribuirono anche un altro ruolo, quello di educatrice di Gaudenzio, futuro vescovo di Novara che, secondo il racconto tradizionale della sua vita, sarebbe stato originario proprio della città di Ivrea.
Essa, prendendosi cura del piccolo Gaudenzio, avrebbe a lui trasmesso anche i primi insegnamenti della dottrina cristiana, ad insaputa dei suoi famigliari che nonostante i successivi sforzi del giovane, formatosi poi presso il cenobio eusebiano di Vercelli, non abbandonarono la religione pagana.
Anche in questo secondo ruolo lei attribuito non si può rilevare nulla di storicamente attendibile da riferire alla persona di Giuliana, le cui reliquie sono ora conservate nella chiesa torinese dei Santi Martiri, trasportate dalla chiesa edificata dalla stessa santa e ingrandita nel tempo, con annesso monastero benedettino, abbattuta nel 1536 per ordine di Francesco I di Francia.
Al di là della sua esistenza storica la duplice figura di Giuliana costituisce un richiamo all’importanza dell’opera svolta dalle donne nella diffusione del cristianesimo e nella formazione di una coscienza cristiana, dai tempi apostolici fino ai nostri giorni, concretizzata in ruoli e mansioni in cui esprimere al meglio la loro sensibilità femminile.
(Autore: Damiano Pomi – Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Santa Giuliana, pregate per noi.
*San Gozberto di Osnabruck - Vescovo (13 Febbraio)
sec. IX
Visse nel sec. IX. Fu per un certo tempo missionario in Svezia, poi vescovo di Osnabruck in Germania dall’845 all’858, distinguendosi per lo zelo nella predicazione e per l’impegno pastorale.
Si è creduto da qualcuno che fosse uno dei martiri di Ebbestorp, ma i bollandisti hanno dimostrato l’infondatezza della cosa.
A Osnabruck si celebrava la sua festa con la qualifica di martire il 3 febbraio, successivamente il 13.
(Autore: Benedetto Cignitti – Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - San Gozberto di Osnabruck, pregate per noi.
*San Guimerra (Guimera) - Vescovo di Carcassonne (13 Febbraio)
Martirologio Romano: A Carcassonne nella Gallia Narbonense, nell’odierna Francia, San Guimérra, vescovo.
(Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - San Guimerra, pregate per noi.
*San Martiniano – Eremita (13 Febbraio)
m. Atene, Grecia, 422 circa
Il Martyrologium Romanum ricorda oggi San Martiniano, eremita presso Cesarea di Palestina e morto presso Atene in Grecia.
Martirologio Romano: Ad Atene in Grecia, San Martiniano, che aveva in precedenza condotto vita eremitica nei pressi di Cesarea in Palestina.
(Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - San Martiniano, pregate per noi.
*San Modomnock – Abate (13 Febbraio)
m. 550 ca.
Fu abate di Tipra Fachtnai (Tibberaghny, contea di Kilkenny) alla fine del VI e all'inizio del VII sec.; è commemorato da solo il 13 febbraio nei martirologi irlandesi e, insieme a San Maedoc di Ferns il 18 maggio.
Con Maedoc di Ferns (m. 626) e Scuithin di Sliab Mairge, era discepolo di San David nel Galles.
L'infondata notizia secondo cui "fu lui ad introdurre dal Galles le api in Irlanda" si trova nella Vita di San Molaa e, più ampiamente, in quella di San David.
(Autore: Leonard Boyle – Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - San Modomnock, pregate per noi.
*San Paolo Le-Van-Loc - Martire (13 Febbraio)
Scheda del gruppo a cui appartiene: “Santi Martiri Vietnamiti” (Andrea Dung Lac e 116 compagni)
An Nhon, Vietnam, 1830 circa - Gia Dinh, Vietnam, 13 febbraio 1859
Canonizzato da Giovanni Paolo II il 19 giugno 1988.
Martirologio Romano: Nella città di Thị-Nghè in Cocincina, ora Viet Nam, San Paolo Lê-Văn-Lộc, sacerdote e martire, che sotto l’imperatore Tự Đức fu decapitato per Cristo alle porte della città.
(Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - San Paolo Le-Van-Loc, pregate per noi.
*San Paolo Liu Hanzuo - Martire (13 Febbraio)
Lezhi, Cina, 1778 circa – Chengdu, Cina, 13 febbraio 1818
La Scheda del Gruppo a cui appartiene San Paolo Liu Hanzuo: "Santi Martiri Cinesi" (Agostino Zhao Rong e 119 Compagni)
Sacerdote del vicariato apostolico di Sichuan, fu canonizzato da Giovanni Paolo II il 1° ottobre 2000.
Martirologio Romano: In località Dongjiaochang presso la città di Lezhi nella provincia di Sichuan in Cina, san Paolo Liu Hanzuo, Sacerdote e Martire, strangolato per il nome di Cristo.
A Dongjiaochang presso la città di Lezhi, nella provincia di Sichuan in Cina, ricordo di San Paolo Liu Huanzuo, Presbitero e Martire, strangolato perché cristiano.
(Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - San Paolo Liu Hanzuo, pregate per noi.
*San Pietro I di Vercelli - Vescovo e Martire (13 Febbraio)
m. Vercelli, 13 febbraio 997
Ben due personaggi di nome Pietro hanno ricoperto la carica episcopale presso la più antica diocesi piemontese presso Vercelli, entrambi venerati come santi e vissuti a cavallo dell’anno 1000. Solo del primo, commemorato in data odierna, unico martire vescovo di tale città, ci sono pervenute maggiori informazioni sulla sua vita e sul suo operato. Probabilmente di origini tedesche, Pietro I si insediò sulla cattedra vercellese verso il 978.
Nomino abate di Lucedio, presso Trino, San Bononio, al quale era legato da un’amicizia nata dalla sua partecipazione alla battaglia indetta dall’imperatore Ottone II contro i Saraceni nel sud Italia. Ottone fu sconfitto in Calabria ed i suoi soldati ed il vescovo erano stati deportati ad Alessandria d’Egitto quali schiavi. Fu proprio in tale occasione che si incrociarono le vite dei due santi, quando Bononio, allora eremita nei pressi del Cairo, si fece fautore della liberazione di Pietro.
Questi compì poi un pellegrinaggio in Terra Santa e, dopo una breve sosta a Costantinopoli, fece ritorno a Vercelli non oltre il 990. Il suo ostentato appoggio agli imperatori tedeschi gli attirò però le ire del celebre Arduino, marchese d’Ivrea, che sognava per sé la corona del nascente regno d’Italia. Al futuro proto-re italico non restò che organizzare l’eccidio del Vescovo vercellese, che si compì il 13 febbraio 997 con l’assedio della città.
Una leggenda non storicamente accertata vuole che lo stesso Arduino preferì uccidere di persona l’odiato vescovo, in opposizione alla fetta di potere temporale di cui era detentore. Non ancora soddisfatto, diede successivamente ordine di bruciare la cattedrale vercellese, onde disperderne i resti ivi sepolti e già oggetto di venerazione da parte del popolo.
La Provvidenza riservò comunque poi una sorte simile al re Arduino che, una volta abdicato e ritiratosi come monaco presso l’abbazia della Fruttuaria, alla sua morte fu sepolto sotto l’altar maggiore ed inizialmente venerato come santo dal popolo, finché il vescovo di Ivrea non ordinò di disperderne i resti.
Il culto nei confronti del Vescovo Pietro non terminò invece con la dispersione delle reliquie ed ancora oggi il calendario liturgico dell’Arcidiocesi di Vercelli lo commemora nell’anniversario del martirio, pur riservandogli un culto solamente locale e limitato alla città.
Il nuovo Martyrologium Romanum non ne fa invece memoria, come avviene anche per altri martiri uccisi non propriamente in odio alla fede, quanto piuttosto per motivi politici.
(Autore: Fabio Arduino - Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - San Pietro I di Vercelli, pregate per noi.
*San Simeone Stefano Nemanja - Re serbo (13 Febbraio)
Ribnica, Serbia, 1114 – Hilandar, Grecia, 13 febbraio 1200
Lo zupan serbo Stefano Nemanja, governò il suo paese guidandolo all’integrità della vera fede ed ornandolo di numerosi monasteri.
Entrò infine in quello di Studenica, abdicando in favore di suo figlio Santo Stefano “primo incoronato” e raggiungendo poi il celebre ultimogenito San Saba presso il Monte Athos.
Qui dalle rovine di Hilandar i due crearono un nuovo centro spirituale per il popolo serbo ed infine Simeone vi morì.
La sua salma prese ad emanare un profumo soave che gli valse il soprannome di Simeone il Mirovlita.
Emblema: Modellino monastero
Stefano Zavidovic Nemanja nacque nel 1114 presso Ribnica, vicino all’odierna Podgorica, nel territorio di Zeta, una delle regioni originarie della Serbia. Era l’ultimo dei quattro figli dello zupan Zavida, sovrano della Raska, l’altra regione originaria della Serbia. Zavida era stato costretto dai fratelli ad allontanarsi dal principato e poiché la regione in cui aveva trovato rifugio era sotto la giurisdizione della Chiesa di Roma Stefano venne battezzato secondo il rito latino. Benché fosse il più giovane di quattro fratelli, si dimostrò “per grazia di Dio il più saggio e il più grande”. Fu allevato cristianamente dai familiari e ricevette un’ottima educazione per quei tempi. Eccellente in tutte le discipline, rifulgeva specialmente nello studio della Scrittura e degli insegnamenti patristici.
All’età di soli 15 anni divenne amministratore delle regioni di Toplica, Ibar e Rasina, che resse sino al 1149 con abilità unita a pietà, tanto da stupire i governanti stranieri per la sua saggezza politica. L’imperatore bizantino Manuele I Comneno, in visita nel 1146 alla città di Nis, rimase tanto colpito dal giovane principe da onorarlo col grado di “sebastokrator” (autocrate) e concedergli, in segno di pace e amicizia, Glubocica (Metohija): “Questa è per voi e i vostri discendenti, per sempre; essa non sarà più divisa né con me, né con i miei parenti”.
Nel 1149 morì il padre che nominò per testamento Stefano, pur essendo il figlio ultimogenito, sovrano di tutta la Raska. Gli altri tre fratelli, Tihomir, Miroslav e Strazimir, ebbero invece territori minori. Questo fatto scatenò naturalmente l’ira di questi ultimi e ciò costituì per Stefano una durissima esperienza.
Nel 1150, all’età di 36 anni, convolò a giuste nozze con la principessa Anna, bella figlia venticinquenne dell’imperatore bizantino Romano IV Diogene.
Questo matrimonio parve essere predisposto dal Cielo e si rivelò un’unione di amore, pace e gioia, che servì anche a rafforzare i legami della Serbia con Bisanzio sia l’organizzazione della Chiesa Serba. Allo scopo di testimoniare al Signore affetto e gratitudine Stefano e Anna fecero edificare il monastero della Santa Vergine di Kursumlija, alla foce del fiume Kosanica, presso Toplica, che fu proclamato monastero principale della principessa Anna, quale gesto d’amore da parte di Stefano verso la consorte lontana dalla natia Costantinopoli. Ella ricevette in seguito la tonsura monastica proprio in tale monastero.
Nei primi anni del loro matrimonio nacquero i primi due figli: Vukan e Stefano “primo incoronato”. Per mostrare a Dio la sua riconoscenza, il sovrano fondò un nuovo monastero alla foce del fiume Banja, dedicato al patrono della famiglia San Nicola di Mira. Nel 1165 per volontà popolare Stefano divenne il “grande zupan di tutte le terre serbe” e scelse come capitale del suo regno la città di Ras, oggi presso Novi Pazar.
I tre fratelli maggiori non erano però entusiasti della politica filo religiosa condotta da Stefano e nel 1167 decisero di muovergli guerra, lo catturarono e lo gettarono in prigione. Dopo aver reso grazie per aver potuto rendere testimonianza ai patimenti di Gesù, Stefano invocò il martire San Giorgio ed un angelo miracolosamente lo liberò ed egli poté mettersi in salvo. Informati dell’accaduto, i fratelli organizzarono le truppe e ripresero la guerra, ma il popolo serbo sostenne in pieno il santo zupan e, con l’aiuto di San Giorgio, travolse l’esercito nemico nella battaglia di Pantine (1168), permettendo così a Stefano di risalire sul trono di Ras. In ringraziamento per la vittoria intraprese la costruzione di un monastero dedicato al megalomartire, noto col nome di “Djurdjevi Stubovi” (“Le colonne di san Giorgio”).
Desiderando ancora un figlio in età avanzata, Stefano ed Anna, proprio come Abramo e Sara nonché Zaccaria ed Elisabetta, elevarono preghiere salirono all’Onnipotente, che li benedisse con l’ultimo figlio, nato nel 1175, dopo 25 anni di matrimonio: Stefano ne aveva 61 e Anna 50. Il neonato fu battezzato con il nome di Rastko ed in seguito prese il nome religioso di Saba e divenne primo arcivescovo serbo.
Dopo questo concepimento, Stefano e Anna non ebbero più alcun rapporto tra loro e, come avevano fatto voto, vissero in castità il resto dei loro giorni. Dopo la nascita di Rastko, inoltre, lo zupan Stefano diede prova di maggiore religiosità e devozione anche nel governare: come San Costantino il Grande, il celebre imperatore romano, anch’egli volle intraprendere la fondazione di uno stato cristiano, convocando nel 1186 un “sobor” (assemblea nazionale) nel monastero di San Nicola, alla foce del fiume Banja. Stefano vi convocò Eutimio, vescovo di Ras, i vari igumeni con i loro monaci, i sacerdoti, gli uomini di stato più anziani, i principi ed i voivodi asserendo: “Venite a vedere, padri e fratelli!
Benché io sia l’ultimo dei miei fratelli, il Signore Dio e la sua santissima madre, la Theotokos, non hanno guardato all’uomo esteriore, ma hanno reso degno me, che credo nella Trinità consustanziale e indivisa, di proteggere quanto mi è stato affidato, il mio gregge, dai lacci perniciosi del diavolo. Non lo ritenevo possibile nel mio paese, e tuttavia sono venuto a sapere che ci sono uomini malvagi e bestemmiatori dello Spirito Santo, i quali - come l’eretico Ario in passato - dividono l’indivisa Trinità. Si deve mettere fine e proibire i loro insegnamenti, o le fondamenta della nostra nazione saranno minate e noi precipiteremo all’inferno con quegli empi”. Le decisioni del sobor in merito alla purificazione della retta fede del popolo serbo ebbero pieno successo nel giro di un quinquennio.
L’umile zupan Stefano Nemanja non amava accumulare beni terreni, ma piuttosto beneficiare con ingenti donazioni l’intera sua nazione e tutto il mondo cristiano. A sua perpetua memoria si limitò ad erigere il monastero di Studenica. Nel 1193 il suo figlio minore, Rastko, decise di abbandonare il palazzo reale di Ras per ritirarsi a vita monastica sul Monte Athos e provocò un forte impatto nell’esistenza di suo padre, che iniziò a meditare di donare anch’egli l’intera sua vita a Cristo per meglio guidare il suo popolo verso il Regno dei Cieli: nel 1196, dunque, Stefano Nemanja abdicò al trono per entrare nel monastero da lui stesso fondato, all’età di 82 anni, il 25 marzo 1196 festa dell’Annunciazione, assumendo il nome di Simeone.
Il medesimo giorno ricevette la tonsura sua moglie Anna, più giovane di una dozzina d’anni, che, separandosi così dal marito, si ritirò nel monastero della Santissima Vergine Maria a Kursumlija, col nome di Anastasia. Prima di abdicare, lo zupan designò il secondogenito Stefano quale suo successore, e dopo soli diciotto mesi a Studenica fu invitato da Sava a raggiungerlo all’Athos. Così avvenne, ma ben presto Sava e Simeone iniziarono a coltivare il sogno di donare alla nazione serba un centro spirituale, che si concretizzò nella rifioritura del decadente monastero di Hilandar, sempre nei pressi dell’Athos. Nel 1199 fu pronta la nuova chiesa, ma il 7 febbraio 1200 il vecchio Simeone si ammalò e dopo soli sei giorni si spense nella venerazione generale, non prima di essersi congedato dall’amato figlio.
Le sue spoglie mortali furono collocate in una cripta lungo il muro sud della chiesa principale di Hilandar e subito il suo corpo, oltre a dare segni di incorruttibilità, iniziò ad emenare un soave profumo (detto “Myron”), che gli valse l’appellativo di “Simeone il Mirovlita” con è solitamente conosciuto nel mondo orientale. La sua cara moglie Anna-Anastasia non tardò a raggiungerlo nel riposo eterno il 21 giugno seguente. Nel 1204 Stefano, detto poi “primo incoronato”, richiese le reliquie del padre al fine di salvare la Serbia dalla lotta fratricida per il controllo politico del regno e suo fratello Sava si vide costretto a ritornare al monastero di Studenica. Sulla vecchia pietra tombale ad Hilandar crebbe un’enorme vite, i cui tralci e grappoli sino ad oggi hanno operato miracoli, specialmente in favore di coppie vittime di una presunta sterilità. I Santi corpi di Simeone, della moglie e del figlio Stefano giacciono ancora attualmente nel monastero di Studenica. L’autorevole opera di Daniel Rogic “Santi della Chiesa ortodossa serba” censisce sia Simeone il Mirovlita che sua moglie quali “santi”, mentre la Biblioteca Sanctorum riporta solo il marito unendone i nomi religioso e civile: Simeone Stefano Nemanja. La sua ricorrenza liturgica è fissata al 13 febbraio, anniversario nella nascita al Cielo, e tra i cattolici è celebrata dalle comunità di rito bizantino.
(Autore: Fabio Arduino - Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - San Simeone Stefano Nemanja, pregate per noi.
*Santo Stefano di Lione - Vescovo (13 Febbraio)
Martirologio Romano: A Lione in Francia, Santo Stefano, Vescovo.
(Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Santo Stefano di Lione, pregate per noi.
*Santo Stefano di Rieti - Abate (13 febbraio)
Martirologio Romano: A Rieti, commemorazione di Santo Stefano, abate, uomo di mirabile pazienza, come attesta di lui il papa San Gregorio Magno.
(Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Santo Stefano di Rieti, pregate per noi.
*Sant'Una (Huna) - Monaco (13 Febbraio)
m. 690 ca.
Una era un Monaco che visse nel doppio monastero fondato da Santa Etelreda nell'isola di Ely.
Assistette la santa fondatrice nei suoi ultimi momenti di vita terrena ed in seguito si ritirò a vivere da eremita in una piccola isola delle Fens.
Questa isola fu poi chiamata Huneia in suo onore.
Morì attorno al 690.
Le sue reliquie furono poi riesumate e portate nell'abbazia di Thorney nel Cambridgeshire.
La sua festa è celebrata il 13 febbraio.
(Autore: Hugh Fenning - Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Sant'Una, pregate per noi.
*Altri Santi del giorno (13 Febbraio)
*Beata Suor Lucia de Jesus dos Sanctos
Giaculatoria - Santi tutti, pregate per noi.